Flora

La furia dei venti, il peso della neve per parecchi mesi, la morsa del ghiaccio, le martellate della grandine, ma anche il localizzato e potente riscaldamento solare, la concentrazione di raggi ultravioletti, la costrizione a vegetare direttamente sulla nuda roccia assorbendo sostanze ingrate o in alternativa un substrato povero di sostanze nutritive, l’impollinazione affidata ai pochi insetti che condividono le stesse criticità di un ambiente tanto ostile. Tutto nell’attesa di un’Estate brevissima che concede appena il tempo sufficiente ad una stoica fioritura, tesa al richiamo di ancor più stoici pronubi. La strategia escogitata dalle piante alpine è dunque quella di vincere e superare le forze ostili: ecco allora i “cuscinetti” , le “rosette”, i fusti che crescono in lunghezza anziché in altezza; ecco il fiore che sboccia subito senza attendere lo sviluppo di uno stelo, ecco le foglioline “carnosette”, ecco le incrostazioni sulle foglie per liberarsi delle sostanze improvvide, ecco i tessuti “villosi” o “vellutati” o, all’opposto, glabri e lucidi, ecco, in definitiva, il bisogno di sopravvivenza e l’obbedienza a leggi naturali che impongono rigidissimi fattori selettivi.

Flora dal rifugio
Panorama dal rifugio sulla conca di By, in primo piano un gruppo di Doronici.

La spietata selezione unita all’isolamento geografico è il motivo per cui talune piante si trovano in un areale ristretto di vegetazione e unicamente in quell’areale: in questo caso si parla di endemismo. Il numero di specie endemiche delle Alpi è ancora oggetto di discussione, ma si sbaglia di poco se diciamo che sono circa 400, divise tra quelle presenti sull’intera catena, tra quelle presenti nelle Alpi occidentali e tra quelle presenti nelle Alpi orientali che a loro volta possono includere areali più ristretti. Quindi se una specie è endemica alpina significa che vive solo sulle Alpi ma, ricordando che le Alpi comprendono ben otto nazioni, gli endemismi di particolari settori alpini, sono geograficamente precisati. Nell’area del rifugio, nella fascia altitudinale compresa tra i 2800 e i 3400 m/slm grazie alla varietà del substrato, troviamo sia specie acidofile che calcifile. 

Ci troviamo in una area ricca di calcescisti mescolati a depositi di gneiss, ovvero rocce metamorfiche ricche di quarziti, micascisti, calcite, prevalentemente a grana minuta con affioramenti di serpentiniti e, naturalmente, prevalgono gli accumuli di materiale glaciale e coni detritico-rocciosi. La crescita delle piante alpine è influenzata in modo determinante dal substrato geologico, ma singole specie, pur prediligendo un determinato suolo possono essere tolleranti ad altre condizioni, altre specie sono indifferenti al substrato ed altre ancora sono esclusive di un ambiente specifico. Ad esempio, nell’area attorno al bivacco Regondi-Gavazzi, ove sono prevalenti rocce granitiche, troviamo specie di flora non presenti attorno al nostro rifugio.

Sulla base di quanto detto, e ribadendo che l’ambiente attorno al Rifugio è tipicamente nivale, ove sono presenti le tallofite, rade zolle erbose e pulvini pionieri, possiamo tracciare a grandi linee i diversi ambienti, indicando alcune specie tipiche. Conche sassose e piccole cenge rocciose lungamente innevate con Minuartia sedoide e Ranuncolo dei ghiacci; Morene e macereti mobili con Linaiola alpina e Sassifraga a foglie opposte, ma, dove vi è qualche sacca di terra, si insedia in modo stabile il Dente di leone montano; Calcescisti e morene con Genepì, Campanula del Moncenisio, Erniaria alpina, Sassifraga biflora e Gramigna spicata; Macereti silicei e suoli umidi acidi comprese vallette nivali, con Salice erbaceo, Eufrasia minima, Veronica delle Alpi e Canapicchia glaciale; Macereti calcarei relativamente stabili, con Arabetta celeste, Iberidella alpina e qualche Stella alpina.

Il giardinetto del rif. Chiarella

Mi ha sempre fatto un po’ di malinconia quel giardinetto abbandonato a se stesso, posto alla sinistra del rifugio, un cartello scolpito con mani esperte e amorevoli diceva: ”giardinetto alpino artemisia”, a testimonianza di un impegno preso da un animo sensibile. Volevo farlo rivivere: con l’aiuto di Carla abbiamo riposizionato l’artemisia , mamma del buon Genepy, e dato che c’eravamo, le abbiamo dato compagnia: myosotis alpestrisl, comunemente conosciuta come nontiscordardime, dal colore del cielo, il leontopodium alpinum, cioè stella alpina, hutchisia brevicaulis dai minuscoli fiori bianchi, la linaria alpina dal cuore arancione,il candido cerastium e abbiamo aggiunto anche un morbido cuscinetto di silene acaulis. Ora dormono tutte, al caldo sotto una soffice coltre di neve, si sveglieranno al disgelo, si stiracchieranno un po’ ammirando il Velan di fronte, e chissà se ci aspetteranno già fiorite quando torneremo al rifugio!

Angela Raciti

Giardinetto
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