Storia del rifugio

Il retro del rifugio
Il retro del rifugio: questo è il retro del nostro rifugio, costantemente presidiato da un branco di stambecchi. Il panorama spazia libero sui principali monti della Val d’Aosta.

La Valpelline, bella valle in parte ancora selvaggia, è l'unico accesso alla valle di Ollomont, da dove, esattamente dal villaggio di Glacier, inizia l'itinerario di salita per il Rifugio Francesco Chiarella all'Amianthe.

La Valpelline ha andamento Nord-Sud da Aosta fino all'abitato di Valpelline, piega poi in direzione Nord-Est salendo verso Bionaz, Oyace e Place Moulin.

La strada, lunga circa 32 km, nasce dalla S.S. n.27 del Gran S. Bernardo congiunge quasi tutte le frazioni della valle e termina presso il lago di Place Moulin. Alla testata della valle si trovano i casolari caratteristici di Prarayer, quasi lambiti dalle acque del lago, e tutto attorno catene e monti severi quali il Morion, l'Aroletta, la Becca di Luseney, les Petites e les Grandes Murailles e sullo sfondo la maestosa Dent d'Herens; nel fondovalle scorre il torrente Buthier di Valpelline.

Il centro principale è Valpelline, a 960 m di quota, sito in posizione felice, costituisce il punto di convergenza di valli laterali e d'incontro degli interessi economici e culturali di tutta la valle; qui visse e operò l'Abate Henry, che ne fu parroco e che con la sua intensa attività di scrittore, botanico e alpinista, diede un contributo notevole alla conoscenza non solo geografica, ma anche degli usi e costumi, in particolare della lingua patois, di tutta la zona. Ancora oggi il suo lavoro è basilare per chi si accinge a scrivere di queste valli e spesso sarà qui di seguito richiamato. Proprio da Valpelline si diparte il ramo laterale più importante, la Valle di Ollomont, terra di alpigiani e di uomini fieri, da sempre legati alla montagna. Essa incide profondamente il territorio, tanto che Inizialmente l'orizzonte è piuttosto chiuso, ma si va via via ampliando fino ad abbracciare un panorama vastissimo, con quelle montagne già definite "le più belle della Valle d'Aosta".

La Valle è interamente percorsa dal torrente Buthier di Ollomont e l'abitato di Ollomont, a 1355 m di quota, ne è il centro principale con le sue 16 frazioni (20 al tempi dell'Abbé Henry), fra le quali Vaud, la più importante, e la graziosa Barliard, posta a ridosso di una pittoresca cascata a doppio salto, di cui quello superiore diviso in due rami paralleli.

Al termine della strada carrozzabile, che con uno sviluppo di circa 7 km la percorre interamente, si trova Glacier, a 1549 m di quota, piccola frazione da cui, in prossimità del torrente Buthier, inizia il sentiero per il Rifugio. L'intera valle conobbe un tempo una certa prosperità legata allo sfruttamento dei giacimenti di rame, già noti in epoca romana, e per questa attività pare che arrivasse ad avere 1.000 uomini circa, impiegati nell'estrazione ad Ollomont e negli altiforni di Valpelline. All'inizio del XX secolo, però, a causa del lento processo di decadimento delle strutture e per costi troppo alti di estrazione e di lavorazione, le miniere furono chiuse.

Rimase l'attività fondamentale, da sempre praticata nella valle: l'allevamento del bestiame, cui si è aggiunta, negli ultimi decenni, un'attività turistica che convoglia in questa zona un notevole numero di villeggianti, desiderosi della tranquillità e del verde incontaminato, offrendo questa zona una grande varietà di passeggiate, gite e ascensioni. Ad un'ora circa di cammino da Glacier, al disopra di una grandiosa bastionata rocciosa, si può ammirare in tutta la sua bellezza la vasta conca di By, uno dei circhi glaciali più notevoli delle Alpi Pennine, già definito "grandioso”.

Sembra che il termine By derivi da una parola celtico-salassa (ricordiamo che questa regione è stata abitata, prima della dominazione romana, dai Celti e dal Salassi, oltre che da diversi altri popoli) che significa "ricovero per le pecore", termine che ha avuto notevole successo, se è vero che lo troviamo in molte altre lingue, con leggere variazioni: francese brèby, ebraico al beth, arabo albet, ecc. La zona, per la ricchezza dei pascoli, da sempre è stata sfruttata intensamente dall'uomo, soprattutto per l'allevamento dei bovini, perché, come scrive l'Abbé Henry, "les pâturages même les plus élevés sont si faciles et si peu dangereux que les vaches peuvent aller happer les dernières herbes à l'altitude de 3000 mètres comme à Plan Bagò..." È anche per questo motivo che le fontine di Ollomont sono considerate fra le migliori. Nel 1925, anno di pubblicazione della sua famosa "Guide", l'Abbé Henry contava nella "Combe de l'Eau Noire ou de By" circa 400 capi bovini divisi tra i vari "tramails" (tramail, termine patois, propriamente è il ricovero in muratura o con semplice copertura, usato dagli uomini e dal bestiame nel loro periodico salire verso pascoli più alti nella stagione calda e discenderne verso il fondovalle all'arrivo dei primi freddi). Ancora oggi, chi sale verso il Rifugio ha modo di osservare nei mesi estivi, lungo pendii delle montagne o nei recinti di By, centinaia di capi condotti qui per lo sfruttamento dei pascoli.

La vita intensa e faticosa dell'alpigiano, legata strettamente all'esistenza del bestiame, conosceva un momento di piacevole svago in occasione della festa della proclamazione della "regina dell'alpeggio", quando le mucche più belle e forti si scontravano in singolar tenzone per conquistare il titolo e ricevere poi una simbolica corona di rami d'abete o di rododendro, intrecciati di nastri multicolori, e una campana da ostentare al collo procedendo gloriosamente in testa alla mandria, durante il rientro al villaggio. Ancora oggi, verso la fine di agosto o ai primi di settembre, il rito si ripete e la conca di By risuona dei muggiti delle contendenti e delle grida di incitamento dei pastori e dei turisti accorsi numerosi. In questa occasione è libero l'accesso carrabile, per cui tutti possono arrivare in automobile a By utilizzando la strada interpoderale che parte da Doues, altrimenti chiusa al traffico, consentito solo a chi nella zona vive e lavora. Normalmente, pertanto, chi desidera raggiungere il Rifugio F. Chiarella all'Amianthe deve partire dall'abitato di Glacier, dove, come abbiamo già scritto, termina la strada carrozzabile.

Qui, 150 metri circa prima dei ponte sul torrente Buthier, inizia una mulattiera (segnavia n.4 in campo giallo) che s'inerpica sulla costa boscosa, quindi diventa sentiero e in breve raggiunge casa Farinet.

Da questo punto segue la diramazione di sinistra, (*) che porta in breve ai casolari di By, sale dolcemente attraverso prati con direzione NE, passa vicino ad una sorgente dirigendosi verso il valloncello che scende dal Col de Bonamorte, valicato il torrentello verso sinistra, raggiunge l'alpeggio Le Baracche a 2303 m di quota.

L’ambiente attorno al rifugio
L’ambiente attorno al rifugio: nelle immediate vicinanze del rifugio è possibile osservare innumerevoli specie vegetali, in foto una bella Campanula del Moncenisio con il Dôme du Vélan (3731 m) come sfondo.

Prosegue obliquamente sotto le pendici di Punta Ratti, oltrepassa un valloncello e continua abbastanza rapidamente zigzagando verso sinistra in direzione di un grosso masso isolato posto a 2807 m di quota, lasciando a destra l'acqua della cascatella che precipita dalla bastionata rocciosa sulla quale sorge il Rifugio. Dal masso isolato continua per una traccia su detriti di calcescisti, si innalza verso facili placche (corda fissa) e raggiunge una spalla rocciosa da dove con facile percorso arriva in breve al Rifugio. Le ore complessive di cammino sono circa 4.

Glacier è anche la località di partenza per raggiungere gli altri due punti d'appoggio che si trovano nella valle di Ollomont: il Bivacco Savoia e il Bivacco Regondi. Per raggiungere il primo si segue l'itinerario già descritto (segnavia n.4 in campo giallo) fino a By, poi si passa sulla diga dirigendosi verso sinistra e si sale in direzione dell'Alpe Porchère, si continua verso la Tza de Porchère, quindi si risale il pendio che porta al Bivacco. Segnavia n.4 inizialmente, poi il n.3; ore di cammino 3. Per salire al Bivacco Nino Regondi, da Glacier, si segue il sentiero che porta nello stretto canalone della Gaula, si continua poi in direzione dell'Alpe Le Piazze e quindi verso il piano del Breuil, si raggiunge il lago dell'Incliousa e per lo stretto sentiero si perviene al bivacco. Segnavia n.6, ore di cammino 3.30.

La capanna Amianthé

La capanna “Amianthe”
La capanna “Amianthe”: La capanna eretta nel 1912 dalla sezione CAI di Torino in legno di larice d’America. I lavori per costruire la capanna sulla base precedentemente realizzata durarono ben 19 giorni.

Attorno alla verde conca di By sorgono monti maestosi, che la dominano con loro aspri picchi e gli imponenti ghiacciai, e l'alpinista ha sentito il bisogno di avere un punto d'appoggio, un ricovero che offrisse riparo e riposo prima di affrontare le fatiche delle ascensioni e principalmente quella del Grand Combin, che è una delle vette più severe delle Alpi. Questa necessità trovò finalmente soddisfazione nell'anno 1912, con la costruzione della Capanna Amianthe, nel luogo in cui sorge ancora oggi.

La sua posizione è estremamente favorevole, in quanto si trova sulla spianata che sta al piede della grande conca morenica del ghiacciaio di By, adagiata sul versante meridionale della Grande Tête de By e della Tête Blanche di By, sotto il Col d'Amianthe. Il panorama è stupendo, come evidenzia la Rivista dei C.A.I. del 1912, n.2, che, parlando di questa realizzazione dice: "Mail Rifugio lassù, nella località ove sorge, è ancora meta a sé stesso, perché richiama gli alpinisti a visitare una delle più belle valli alpine e perché vi si gode di un esteso panorama sui monti che lo circondano, fra cui i fianchi ghiacciati del Gran Combin, la cupola del Velan, la scura costiera del Trois Frères, le punte di By, per non accennare al molti altri, offrenti tutti un armonico spettacolo di ghiacci e di rocce; dinanzi spiegarsi in lontananza l'intera catena del Gran Paradiso e del Rutor, mentre in basso lo sguardo riposa sui pascoli digradanti di Ollomont e di Valpelline e giù, giù fino ad incontrare la città di Aosta". Il lavoro svolto in quell'occasione fu notevole, dati tempi, e richiese una grande organizzazione e dispendio di mezzi.

Il Rifugio, di legno larice d'America, smontabile, a doppia parete con camera d'aria e con solidissima ossatura interna, è capace di venti persone in un unico ambiente di m 3 x 6, che poggia saldamente su di uno zoccolo in cemento.

La Sezione del C.A.I. di Torino fu l'ideatrice e la promotrice dell'opera con l'acquisto del terreno dal Comune di Ollomont, e alla realizzazione del progetto collaborarono diverse persone, tra le quali meritano di essere ricordati G. Farinet, professore, proprietario di estesi pascoli a By e soprattutto uomo di montagna; il socio del C.A.I. Edoardo Garrone, che iniziò il Rifugio e ne sorvegliò la costruzione con frequenti visite (una cima sovrastante il Rifugio porterà il suo nome); il socio Ing. Alberto Girola, autore del progetto esecutivo; Battista Bredy di Oyace, che eseguì le fondazioni e le opere murarie e che preparò pure lo spianato dinanzi al Rifugio; l'allora Sindaco di Ollomont, Beniamino Vevey, che si occupò dei trasporto da Aosta fino alla località.

Una menzione particolare merita l'Abbé Henry, parroco di Valpelline, che da vero nume tutelare favorì in ogni modo, con consigli e aiuti, la realizzazione dell'opera. Vanno ricordate inoltre la Ditta Michele Ferrua di Torino, che eseguì tutti i lavori in legname, compreso il montaggio sul posto, la Ditta ved. Ravelli e Figlio, pure di Torino, che si occupò della copertura del tetto e tutti gli uomini che per giorni e giorni lavorarono alla realizzazione dell'opera in condizioni talvolta proibitive (la sola messa in opera, sulla base precedentemente preparata, aveva richiesto 19 giorni di lavoro).

Le condizioni del tempo furono veramente pessime, tanto da costringere i lavoratori a preparare un sufficiente riparo addossato ad una roccia nei pressi dell'allora costruendo Rifugio.

La spesa sostenuta per quei tempi fu notevole. (5) Il Rifugio fu collaudato il 21 settembre 1912 con una visita del Presidente della Sezione di Torino Conte Luigi Cibrario, e nei giorni 11, 12 e 13 luglio 1913 venne solennemente inaugurato alla presenza delle Autorità, delle Guide e dei Portatori locali e con un forte concorso di appassionati.

Di quei giorni abbiamo la cronaca fedelmente riportata dalla Rivista del C.A.I. (n.1 del gennaio del 1914 pagg. 23-24), cronaca che evidenzia l'atmosfera festosa, la gioia, la soddisfazione e l'orgoglio per la realizzazione di un'opera così importante.

Ricovero invernale
Ricovero invernale: la capanna, amorevolmente chiamata da alcuni rifugisti “il vecchio", ospita 16 posti letto ed oggi assolve il ruolo di ricovero invernale d’emergenza.

E dopo i discorsi di rito,".... viene servita una abbondante cena, coronata da ottimo champagne offerto dalla madrina, si accendono i bengala e i falò, s'innalzano palloni e la serata si prolungherebbe ancora fra lieti canti, se direttori non avessero ordinato il silenzio".

E per il momento lasciamo così questa vecchia Capanna, nel profondo immenso silenzio che regna incontrastato tra quelle alte cime, con negli occhi lampi caldi del fuoco e nel cuore le note lente dei canti, insieme alle immagini di amicizia e fratellanza che da sempre la montagna sa creare tra gli uomini.

Il nuovo rifugio Amianthe

E dopo i discorsi di rito,".... viene servita una abbondante cena, coronata da ottimo champagne offerto dalla madrina, si accendono i bengala e i falò, s'innalzano palloni e la serata si prolungherebbe ancora fra lieti canti, se direttori non avessero ordinato il silenzio".

Un aiuto dal cielo
Un aiuto dal cielo: trasporto materiali sfruttando l’elicottero SA315B “Lama”: una macchina sorprendente che permise la realizzazione di innumerevoli rifugi alpini e opere ad alta quota in tutto il mondo.

E per il momento lasciamo così questa vecchia Capanna, nel profondo immenso silenzio che regna incontrastato tra quelle alte cime, con negli occhi lampi caldi del fuoco e nel cuore le note lente dei canti, insieme alle immagini di amicizia e fratellanza che da sempre la montagna sa creare tra gli uomini.

La Sezione del C.A.I. di Chiavari, che da anni organizza per suoi soci campeggi nelle più belle località alpine, durante le estati 1969 e 1970 li effettua a Glacier, in valle di Ollomont. In tali occasioni molti soci, compiendo gite ed ascensioni, prendono contatto con questa zona meravigliosa delle Alpi Occidentali, primo fra tutti il Presidente Ing. Francesco Chiarella, che, spinto dai ricordi dei tempi giovanili passati in Valle d'Aosta e dal desiderio di vedere realizzata da parte della sua Sezione un'opera utile agli alpinisti, comincia a pensare ad un rifugio in muratura ampio e accogliente, da costruire accanto alla Capanna Amianthe.

Inizia così il lungo lavoro di preparazione e l'idea di un nuovo rifugio pian piano prende corpo, con i primi contatti con la Sezione di Torino, proprietaria della Capanna Amianthe, la quale è ben disposta ad accogliere i desideri e le proposte dei "Liguri". Vengono effettuati i primi sopralluoghi per verificare la consistenza della vecchia capanna, per eseguire rilievi sul terreno e per studiare sistemi più idonei al trasporto dei materiali e dei rifornimenti.

Nasce quindi il progetto ben delineato, che ha l'approvazione della Sezione di Torino, della Regione Val d'Aosta e degli Enti interessati, progetto rispettoso dell'ambiente e soprattutto del vecchio Rifugio, al quale si avvicina e si raccorda con linee armoniche: l'Ing. Chiarella ha modo di condensare in un'unica opera l'amore e la passione per la montagna, assieme alle sue notevoli conoscenze e competenze tecniche e professionali.

Finalmente, nell'estate 1975 il progetto diventa realtà, e dall'8 al 28 di agosto, in 20 giorni memorabili, il vecchio Rifugio Amianthe diventa la base per uno straordinario fervore di lavori.

L'Ing. Chiarella dirige alcuni operai della sua impresa di costruzioni e un gruppetto di soci volontari, che gratuitamente sacrificano con gioia le ferie per la costruzione del nuovo edificio in muratura.

Tutto è stato calcolato con grande precisione, la qualità e la quantità dei materiali, ciò che può essere reperito sul posto (pietre, sabbia) e ciò che invece bisogna portare fin lassù (legname, viveri, cemento, ferro); il mezzo di trasporto usato è l'elicottero, che con il suo rumore caratteristico invaderà la vallata per più giorni.

La spesa ovviamente è notevole, ma viene coperta dalla Sezione del C.A.I. di Chiavari, grazie anche al generoso contributo concesso dalla Regione Val d'Aosta, che tanto ha a cuore la manutenzione e il miglioramento dei numerosi rifugi sparsi sulle sue belle montagne.

Il ghiaccio rende difficile l’impasto del calcestruzzo
Il ghiaccio rende difficile l’impasto del calcestruzzo: le temperature rigide, la grandine e la neve rende quasi quasi impossibile preparare le gettate per creare le fondamenta del nuovo rifugio.

Il progetto dell'Ing. Chiarella prevede la costruzione di un ingresso molto funzionale, di un'ampia sala soggiorno ad occidente, con due finestre aperte sul M. Velan e verso Aosta, della cucina dotata di comodità impensabili a quota 3000 m, di un locale dispensa e di uno più piccolo, dove trovano ricovero le varie attrezzature tecniche, di due camerette a levante, una delle quali riservata ai custodi, con 4 letti ciascuna e, al piano superiore, di un ampio locale con 20 posti in comode cuccette. Per rendere gli ambienti più caldi ed accoglienti, il Rifugio all'interno viene interamente rivestito in legno e dotato di luce elettrica.

Il nuovo rifugio prende velocemente forma
Il nuovo rifugio prende velocemente forma: in venti giorni memorabili, dall’8 al 28 agosto 1975, sotto la capace direzione dell’Ing.Chiarella tutta la struttura del nuovo rifugio viene ultimata.

Il tutto si svolge secondo i ritmi previsti, si lavora dall'alba al tramonto, l'entusiasmo non manca, anche se il tempo per molti giorni si mantiene pessimo. Infatti leggiamo dal diario personale dell'Ing. Chiarella:

  • 22-8-75. Quando ci svegliamo siamo ancora nella nebbia, ma a differenza di ieri, piove insistentemente. Verso le 8.30 la pioggia si trasforma in neve e mentre sto scrivendo questi appunti sono le 16.30 e la neve continua ed ha raggiunto uno spessore di circa 15 cm. Nessuna possibilità di lavoro.
  • 23-8-75. Nevica ancora. Temperatura bassa, e vento forte da NE. Nessuna possibilità di lavoro all'esterno. Con molta buona volontà si inizia e si termina la tramezzatura interna. Nel tardo pomeriggio con freddo e vento intenso viene armato e gettato il cordolo in cemento armato del timpano sud e posta la base del muretto della piazzetta antistante il Rifugio.
  • 24-8-75. Ha nevicato ancora per tutta la notte. Verso le 10 una momentanea schiarita ci permette di uscire e cominciare a spalare la neve e preparare il primo impasto..." Nevica e grandina, la temperatura scende sotto lo zero, l'acqua gela e non si possono fare gli impasti, la fatica si fa sentire, ma alla sera nel calore della vecchia capanna fioriscono racconti di montagna, i ricordi di salite compiute e degli amici perduti e insieme alla stanchezza fisica si sciolgono anche grumi del cuore: qualcuno dirà poi che ha vissuto li giorni bellissimi."

Nell'agosto del 1976 seguono alcuni lavori che rendono il Rifugio, già capiente e confortevole, ancora più accogliente.

Vengono eseguiti i lavori di sistemazione dell'interno, viene assicurato l'approvigionamento idrico grazie alla posa in opera di un grande serbatoio e della relativa tubatura a nord dell'edificio, viene costruito, piastrellato e rifinito il locale, staccato dal corpo centrale, adibito ai servizi.

Ancora una volta, tra i soci volontari che si trovano li, si crea, come nell'anno precedente, un clima di collaborazione che non ha eguali; ognuno, pur partendo da una sua propria realtà culturale e di capacità e di conoscenze, riesce ad amalgamarsi con gli altri nel più perfetto lavoro di équipe. Finalmente, il 10 luglio 1977, viene inaugurato il Rifugio alla presenza delle massime Autorità del C.A.I., dei Dirigenti la Sezione di Torino, dei Rappresentanti la Regione, con la partecipazione viva di molti soci e di valligiani. (6)

Sullo spiazzo antistante l'ingresso viene concelebrata la S. Messa da Don Minuzzo, parroco di Valpelline, divenuto da tempo grande amico dei Chiavaresi, e dal Can. Du Verney Claude, monaco dell'Ospizio del Gran S. Bernardo, il che conferma i legami di questi religiosi con la vallata.

Sono presenti tutti coloro che hanno partecipato ai lavori ed in prima fila il Presidente Ing. Chiarella, che riceve gli apprezzamenti di tutti per l'opera realizzata e le espressioni di stima dei Dirigenti Centrali del C.A.I. (®)

L'Ing. Chiarella scompare prematuramente nel settembre del 1985 e il 15 agosto 1987 gli viene dedicato il Rifugio in segno di gratitudine e riconoscimento per tutta la sua attività alpinistica e dedizione al C.A.I.

Così oggi, a 2979 m di quota, ai piedi della morena detritica sopra la verde Conca di By, si innalza il Rifugio F. Chiarella all'Amianthe, testimonianza viva di amore per la montagna e per gli appassionati che ad essa si avvicinano.

Sempre più numerosi sono gli alpinisti che utilizzano la vecchia Capanna ristrutturata e il nuovo Rifugio, dove nel periodo di apertura la gestione è condotta dai soci volontari della Sezione di Chiavari del C.A.I., i quali vi hanno introdotto anche un pizzico di cucina ligure.

Dopo una copiosa nevicata
Dopo una copiosa nevicata: ogni schiarita e finestra di bel tempo deve essere usata, l’obiettivo di ultimare la struttura entro l’estate deve essere raggiunto.

Infine è da ricordare che ogni anno, il giorno 15 agosto, si teneva per tradizione, presso il Rifugio, un grande raduno dei soci della Sezione di Chiavari, assieme ai valligiani e villeggianti, per celebrare la festività dell’Assunta.

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